Una nicchia sottratta al tempo, che trabocca da sempre di colori e di voci dagli accenti più diversi. Il Porcellino, protetto dalla sua loggia, è sicuramente il mercato più caratteristico di Firenze, per una posizione che lo rende crocevia di quanti transitano sull’asse tra il ponte Vecchio e piazza del Duomo.
Un luogo di commercio, ma anche dove i turisti spesso passano alla ricerca di notizie sulla città e dove tutti immancabilmente si fermano per sfregare il muso di quel porcellino, consumato dalle tante mani che vi si sono posate, e che si dice porti fortuna.
Esposti sui 41 banchi, che immancabilmente ruotano per garantire a tutti la stessa visibilità, soprattutto articoli in pelle, oltre a foulard, arazzi, magliette, carta fiorentina e souvenir.
“La pelle – garantisce Simone Lapis – è quasi tutta di provenienza italiana, con una buona presenza dell’artigianato toscano. Così come accade per gli altri settori. L’obiettivo è quello di puntare sulla qualità, scelta fatta già prima che il Comune si muovesse sulla strada della promozione del prodotto locale. Capita che i turisti si avvicinino per toccare la pelle nel timore che non sia vera, ma questo qui da noi non accade e io per ogni capo ho le certificazioni di qualità. E’ un mercato vivo, che si sveglia prima ancora che le strade d’intorno si popolino e si spenge solo a sera, dove ancora si tratta sul prezzo con clienti di tutte le nazionalità. Ma se capirci con gli inglesi e i francesi è piuttosto facile, con altri a volte si fa fatica. Ecco perché qualcuno ha anche assunto personale che parla le lingue slave e il russo. Del resto Firenze è ormai un villaggio globale”.